Il parlamentarismo ha fallito
Questo testo riflette l'opinione di Lena Bühler, Jonas Kampus e Steven Tamburini sul rapporto tra Sciopero per il Clima e politica parlamentare. Riteniamo importante condividere la nostra esperienza in materia di politica istituzionale con l'intero movimento.
A causa della crisi Covid-19 le compagnie aeree svizzere sarebbero rimaste nel giro di poche settimane senza soldi. Le persone rappresentanti le compagnie bussano alla porta del Consiglio federale e negoziano un prestito di salvataggio di quasi due miliardi di franchi in colloqui segreti. Che Swiss rimborsi mai questo prestito è alquanto improbabile. Le/I contribuenti hanno quindi de facto regalato due miliardi di franchi all’industria aeronautica.
Annunciando questo regalo per Swiss, la ministro dell’ambiente Simonetta Sommaruga ha menzionato tra parentesi che il pacchetto di salvataggio avrebbe tenuto conto degli obiettivi climatici del Consiglio federale. Ma poi il ministro delle finanze Ueli Maurer ha ammesso in seguito che il Consiglio federale non aveva alcun obiettivo climatico. Nei dibattiti delle due camere sul tema, i partiti che spingono in linea di principio per uno Stato magro e si dilungano sulla libera concorrenza erano subito diventati i più grandi difensori di un salvataggio dallo Stato. Il loro DNA verde dell’anno delle elezioni sembra già svanito. Alla fine entrambe le camere del Parlamento hanno approvato l’accordo, ma nel Consiglio nazionale solo i Verdi hanno votato all’unanimità contro [1]. Il PS ha respinto la maggior parte dell’accordo nel Consiglio nazionale, ma nel Consiglio degli Stati nessuno membro del gruppo parlamentare ha votato contro, mentre i Verdi brillavano ugualmente per la loro assenza, e l’accordo è stato accettato all’unanimità [2]. I Verdi liberali, il PPD e il PLR hanno votato all’unanimità per il progetto al Consiglio nazionale, mentre i deputati dell’UDC erano in pochi ad opporsi.
Dopo 17 mesi di "pressione dalla piazza", la politica parlamentare dalla destra alla sinistra non ha neanche finto di occuparsi della crisi climatica. Anche se il messaggio non ha raggiunto i media borghesi, il salvataggio dell’industria aeronautica ha significato il fallimento della politica climatica svizzera a tutti i livelli. Questo pacchetto di salvataggio avrebbe marcato la fine di una politica climatica miserabile se la revisione della legge sul CO2 non fosse stata oggetto di discussione nella sessione estiva. Nel nostro comunicato stampa, bolliamo la legge come catastrofica; la legge merita sicuramente questa valutazione. Le emissioni di CO2 nazionali devono essere ridotte del 37,5% entro il 2030 rispetto al 1990. Entro il 2020, le emissioni devono già essere ridotte del 20%, quindi nei prossimi dieci anni, le emissioni di CO2 devono essere ridotte di soli 17,5 punti percentuali rispetto al 1990, ovvero di 1,75 punti percentuali. Questa riduzione è ben lontana dalla riduzione da noi proposta del 13% all’anno rispetto al 2020.
Nel dibattito sulla legge sulla CO2, il PS e i Verdi non hanno nemmeno presentato una proposta per lo zero netto entro il 2030, anche se la base di entrambe le parti aveva deciso più di un anno fa di sostenere le richieste dello sciopero del clima. Invece, Roger Nordmann, leader del gruppo parlamentare del PS, ha detto che nemmeno lo zero netto non potrebbe essere raggiunto entro 2030 neanche in un sistema autoritario. 3] Che lo zero netto entro 2030, se è mai possibile, possa essere raggiunto solo con mezzi autoritari, è un’opinione diffusa tra i parlamentari e i consiglieri federali di sinistra, e ovviamente anche tra i politici di destra, ma questo sarebbe già evidente dal loro atteggiamento nelle questioni climatiche e riguardante lo Sciopero del Clima. Accusare un movimento strutturato come democrazia di base di voler imporre misure autoritarie è completamente illogico, soprattutto se si considera che la politica climatica degli ultimi quarant’anni è stata molto autoritaria. Alcuni individui potenti, per lo più bianchi e di genere maschile, che hanno il futuro dell’umanità nelle loro mani, mandano la polizia a rimuovere con violenza brutale chi blocca progetti fossili e se ne fregano della vita di milioni di abitanti del Sud globale. Anche in Svizzera, oltre il 60% della popolazione è a favore dello zero netto entro il 2030 e la maggior parte della popolazione è a favore di una forte protezione del clima. [4] Lo sciopero del clima ha dimostrato, con la creazione di gruppi locali per il clima, che la politica non si fa solo nelle polverose sale di Berna, ma anche a livello locale e con una democrazia di base, scendendo in piazza e agendo nei nostri quartieri.
Sia i Verdi che il PS stanno per eleggere una nuova presidenza nei prossimi mesi o l’hanno già fatto. Tutti i candidati* sottolineano sempre l’importanza della voce dei movimenti sociali e di come vogliono integrarli meglio. Se questo è davvero il loro obiettivo, stanno facendo un pessimo lavoro. Perfino per il PS e i Verdi, alcune misure del nostro piano d’azione per la crisi erano troppo radicali, benché queste rappresentino solo il minimo necessario, non essendo neanche sufficienti per raggiungere lo zero netto entro il 2030. In una riunione di coordinamento per presentare proposte, nessuno ha potuto darci una risposta chiara e soddisfacente alla domanda su come intende raggiungere l’obiettivo di 1,5 gradi. È ormai chiarissimo che per loro il nostro ruolo principare è di far “pressione” sul Parlamento. Come questa “pressione” è da intenndersi non è molto chiaro. A quanto pare, le 100’000 manifestanti presenti a Berna il 28 settembre non hanno fatto abbastanza “pressione” sufficiente perché il Consiglio federale o il Parlamento pensasse al clima prima di regalare due miliardi di franchi al settore dell’aviazione.
All’interno dello Sciopero per il Clima è diffusa l’opinione che i politici semplicemente non hanno ancora capito la gravità della situazione, quindi tocca a noi svegliarli. Questo presuppone che un presidente di Swissoil, che dopotutto ha un diploma del PFZ, sia meno consapevole della situazione che a un bambino di otto anni che sente per la prima volta parlare della crisi climatica. I parlamentari e i consiglieri federali sanno bene quanto è grave la situazione. Sanno che milioni di persone hanno perso o perderanno la casa o addirittura la vita a causa della crisi climatica. Quando fanno un regalo di due miliardi di dollari all’industria aerea, sono assolutamente consapevole del fatto che le emissioni di CO2 aggiuntive provocheranno sofferenze devastanti.
Finora, lo sciopero per il clima ha spesso allineato la sua strategia con l’agenda politica istituzionale. Abbiamo lanciato la Carta del clima [5] e il Volantino del clima [6] prima delle elezioni federali del 2019, abbiamo organizzato una mobilizzazione speciale per la manifestazione del clima poco prima delle elezioni federali, e abbiamo pubblicato il Piano d’azione per la crisi poco prima della sessione estiva.
Ovviamente queste azioni precedenti non ci hanno permesso di arrivare lì dove dobbiamo essere. Contare sulla politica istituzionale non ha funzionato. È giunto quindi il momento di mettere fondamentalmente in discussione questo approccio. Dobbiamo riflettere su come portare nel dibattito le nostre tematiche, indipendentemente da ciò che il Parlamento stia discutendo in questo momento. Dobbiamo chiederci cosa serve per raggiungere lo zero netto, dica quel che dica il Parlamento. Dobbiamo far cambiare la società intera, con o senza il Parlamento.